CONSIDERAZIONI DI UN INSEGNANTE DI ELETTRONICA

Gianni Ferrari
(insegnante)

Computer


Quando, qualche tempo fa, il preside Ronchetti mi ha chiesto di scrivere alcune righe sulla mia esperienza di insegnante al "Fermi" ho avuto qualche dubbio e un certo scetticismo sul possibile risultato. Scrivere, infatti, sul 40° della nostra scuola pochissimo tempo dopo che l'avevo abbandonata per il pensionamento, senza cadere nella retorica e nei ricordi di episodi o persone poco conosciuti o dimenticati dai più, mi è sembrato subito di difficile realizzazione. Ritornando in un secondo momento su questo "compito a casa" che mi era stato dato, ho iniziato a ripensare e ad analizzare il mio percorso di insegnate di elettronica all'interno dell'istituto e a fare qualche considerazione sugli ultimi 30 anni.
Quando sono entrato al "Fermi" le cose erano molto diverse da come sono oggi: le nostre materie, l'elettronica e le sue applicazioni erano in uno stato stazionario e quasi di abbandono; gli unici componenti fondamentali erano le valvole; le applicazioni industriali erano abbastanza limitate, anche se difficili; il "regolo" era lo strumento principe; gli studenti erano poco numerosi; il nostro insegnamento era più rigoroso e severo e i docenti erano ancora abbastanza "considerati" anche al di fuori della scuola. Subito dopo, con una accelerazione via via crescente, le cose cominciarono a cambiare e ad evolversi in modo tale da poter essere seguite solo con impegno e difficoltà. Anche se il "68" era giunto con qualche anno di ritardo, il suo effetto non si fece molto sentire nell'insegnamento tecnico.
La "rivoluzione elettronica" e l'espandersi rapidissimo delle applicazioni e delle ditte che le utilizzavano e che assumevano i nostri studenti appena maturi accrebbe per molti anni la domanda di diplomati e con essa, assieme alla consapevolezza dell'utilità del nostro lavoro, il nostro desiderio di aggiornarci e di fare "cose nuove".
È in questo periodo, negli anni '70 e '80, che il "Fermi" si è fatto la fama, che rimane tutt'ora, di ottima scuola. Le cause furono diverse: il numero chiuso degli studenti; una dirigenza didattica aperta, anche se quasi mai accompagnata da una visione lungimirante da parte della Amministrazione; l'insegnamento aggiornato e un corpo di insegnanti preparati e motivati che, nelle materie di specializzazione, aveva raggiunto una situazione di notevole stabilità, continuità, sinergia e amicizia, senza quei cambiamenti annuali che si avevano, e si hanno tuttora, nelle altre scuole (forse anche, io credo, perché allora le "chiamate" non erano per graduatorie e punteggi, ma personali).
Occorre anche ricordare che tutti gli insegnanti tecnici avevano presente che lo scopo fondamentale del loro operare era quello di preparare dei Periti Industriali, cioè dei giovani già intellettualmente e tecnicamente pronti ad affrontare subito il mondo del lavoro.
Se l'espandersi sempre maggiore delle applicazioni dell'elettronica in tutti i settori fu il "motore primo" che diede l'avvio al periodo che io considero la "maturità" nella vita del "Fermi", lo stesso fenomeno, che continuava in modo sempre più rapido, insieme ai nuovi programmi e alle nuove direttive ministeriali, ha dato inizio al periodo "incerto" degli anni '90, in cui gli insegnanti si sono trovati davanti a due opposti condizionamenti.
Da una parte l'incertezza su quali parti dell'elettronica e dell'informatica scartare e quali fare argomento di studio, la richiesta da parte del mondo esterno di una maggiore specializzazione e il desiderio di molti studenti di proseguire gli studi per raggiungerla.
Dall'altra un cambiamento degli orari e dei programmi che limitano fortemente il raggiungimento, per la maggioranza degli studenti, di questa stessa preparazione tecnica. Si è posta allora a molti di noi la domanda se i nostri insegnamenti devono portare ad una preparazione immediatamente spendibile o ad una preparazione generale comprendente solo alcuni argomenti di base nelle materie tecniche con l'implicita consapevolezza che la specializzazione richiesta verrà dopo il diploma.
In questo caso i nostri studenti non dovranno più essere dei "tecnici", con la preparazione inizialmente pensata per un Perito Industriale che esce da un Istituto "Tecnico", ma dovranno essere preparati per affrontare anche altri studi rispetto a quelli da noi presentati.
Questi dubbi, ai quali spesso negli ultimi anni abbiamo cercato di rispondere, anche se non sempre in modo coerente e diretto, si riflettono a tutt'oggi nelle diverse scelte degli argomenti e delle esercitazioni e nella severità o meno che si hanno nei diversi insegnamenti. lo credo che questa sarà la strada inevitabile, anche se temo che sarà ardua da percorrere per quelli di noi che si sono formati, e sono cresciuti come insegnanti, avendo una visione del tutto diversa del loro compito nel nostro Istituto.
Mi auguro che in mezzo a queste incertezze, che si accompagnano a quelle, anch'esse molto grandi, che riserva la futura riforma, la nostra scuola riesca a trovare un nuovo obiettivo e quindi possa avere in futuro una seconda "maturità", senza decadere in una anonima "vecchiaia".