LE VIE DEL SIGNORE...

Fabrizio Rinaldi
(studente, diplomato a.s. 1996/97)

Mi ritrovai in questa scuola quasi per caso. Certamente avevo una predilezione per le materie scientifiche, ma a 14 anni non è facile decidere: scelsi il Fermi anche per comodità in quanto già mia sorella lo frequentava. In ogni caso mi trovai molto bene: era impegnativo, ma dava anche molte soddisfazioni.
Ma non era che l'inizio di quella che sarebbe divenuta una delle esperienze più importanti nella mia vita. Fin dal primo.anno vi erano attività per coinvolgere e stimolare gli studenti a sfruttare le loro capacità al di là dei semplici impegni scolastici: giochi della matematica, della fisica, ma anche gare di sport, rappresentazioni teatrali....
Per la mia sensibilità ho subito prediletto le competizioni in matematica e chimica dove ho raggiunto anche alti livelli (l'ultimo anno medaglia d'argento ai campionati del mondo di chimica) e sono sempre stato appoggiato in questo mio impegno "extrascolastico" da professori e preside.
Tra le cose che maggiormente mi rimangono impresse della scuola è il dialogo che lentamente si era costruito tra me e molti dei miei insegnanti. Certamente rimane una differenza di ruolo, finché si rimane in ambito scolastico, tuttavia la percezione che si ha dell'insegnante è totalmente diversa. Il prof. non è più visto come un avversario, pronto a cogliere in fallo appena non si è preparati, ma come una persona con la quale si collabora verso obiettivi comuni. Soprattutto, una persona con la quale il rapporto non può limitarsi ai risultati scolastici, ma coinvolge aree sempre più ampie della vita (certamente non con tutti è possibile). Questa maturazione del rapporto inter−personale è ancora più importante all'interno della classe. La scuola favorisce, grazie alle ore passate nei laboratori, all'uso delle aule il pomeriggio, la conoscenza tra gli studenti, ma non può sostituirsi all'impegno di ognuno per vivere bene in classe.
Ho visto molti ragazzi venire a scuola cercando solo di sopravvivere, di non rimanere schiacciati dai brutti voti per conseguire possibilmente in cinque anni, quel diploma finale che permetta loro di trovare un posto di lavoro. Io non ho mai accettato questa prospettiva. Dovendo passare in aula 36 ore la settimana, cioè la maggior parte del mio tempo, ho cercato, per quanto possibile, di trovarmi bene e questo dipende quasi totalmente dal rapporto che si ha coi compagni.
Non è sufficiente un'amicizia superficiale, non pestarsi i piedi a vicenda o accordarsi sulle interrogazioni, si può creare un legame molto più profondo. Molto dipende dal singolo, dalla voglia che ha di mettersi in gioco e "portare a scuola" oltre allo zaino anche i suoi problemi, i suoi progetti e le sue speranze. Nella mia classe, soprattutto l'ultimo anno, con molti dei miei compagni avevo un rapporto che andava ben oltre la scuola. Ricordo le tante volte in cui rimanevo a parlare con qualcuno, parlare di me o di lui/lei, e come questo ci abbia aiutati molto. Certo, non si riesce a legare con tutti, né scompaiono i problemi, ma sicuramente quando al mattino ci si alza per andare a scuola si vedono anche tanti lati positivi. Ed è proprio nei rapporti umani che il Fermi mi ha lasciato di più e anche se per i miei attuali studi di teologia mi sarebbe tornato utile aver studiato filosofia e greco, non rimpiango certamente di aver scelto a 14 anni questa scuola.


treno