RICOMINCEREI...

Pier Camillo Panzetti
(Sindacalista, diplomato serale a.s. 1972/73)

Mi chiamo Pier Camillo Panzetti e ho 54 anni. Nel 1970, l'anno in cui l'istituto "E.Fermi" aprì i corsi serali, ne avevo 27 e lavoravo all'Azienda Municipalizzata del Comune di Modena come elettricista. Il fatto ebbe subito un enorme successo quanto ad aspettative e adesioni. L'istituto, infatti, godeva, come gode tuttora, di grande prestigio e credibilità.
Perchè in tanti facemmo la scelta di ritornare sui banchi di scuola dopo il lavoro quotidiano? Quali furono le motivazioni?
Prima fra tutte è stata senz'altro la necessità di arricchire il nostro patrimonio tecnico: molti di noi erano, infatti, elettricisti dipendenti da aziende o artigiani.
L'Elettronica, come del resto anche la Chimica, andava sostituendo sempre di più le apparecchiatura tradizionali e addirittura l'organizzazione del lavoro (come succede anche oggi). Essere quindi presenti a questa grande trasformazione significava per molti di noi essere all'altezza della situazione, sia per prestigio personale sia, giustamente, per ottenere un miglioramento della propria posizione aziendale.
La seconda motivazione era rappresentata da un atteggiamento di riscatto nei confronti di una scuola, quella della nostra adolescenza, e di una cultura che ci erano state negate. Per molti di noi, infatti, i percorsi scolastici erano stati quasi obbligati: dopo le elementari molti andavano subito a lavorare, mentre altri frequentavano scuole di tipo professionale perché l'urgenza che il figlio, in una famiglia di contadini o di operai, cominciasse a lavorare il più presto possibile era una reale necessità.
Il "Fermi" ci accolse, nell'Ottobre del 1970, al meglio della propria potenzialità quanto a personale docente, tecnico, non insegnante e mezzi. Le difficoltà che incontrammo furono più che altro dovute a questioni di carattere organizzativo: ad esempio la messa a punto dei programmi, l'organizzazione dei corsi e degli orari scolastici.
A proposito di questi ultimi, la scuola, insieme a noi ed alle organizzazioni sindacali, ottenne in via sperimentale (credo per la prima volta in Italia) la modifica del calendario scolastico in modo che i lavoratori−studenti del "Fermi" avessero una serata a disposizione da dedicare alla famiglia o agli interessi personali: a condizione, però, che l'anno scolastico cominciasse prima e che noi rinunciassimo alle vacanze natalizie e pasquali.
Devo dire, anche a nome dei miei compagni, che ancora oggi sono fiero di aver partecipato a quelle trattative che si svolsero a Roma a più riprese ed aggiungo anche che, senza il consenso e l'aiuto dei nostri insegnanti, non saremmo riusciti a giungere a questo risultato.
Ciò consentì un maggiore respiro, minore mortalità scolastica (molto forte in altri istituti modenesi), una migliore organizzazione dello studio, spazi per iniziative di carattere generale, assemblee programmate ed il confronto quasi costante con gli studenti dei corsi diurni. Occorre ricordare che il 1968 era ancora molto presente e che tale confronto era una reale necessità.
Molti di noi pensavano che in un Istituto Tecnico le materie come Elettronica e Chimica avessero, o dovessero avere, un peso predominante rispetto alle materie umanistiche, ma fummo smentiti dai fatti e dopo un po' fummo anche felici che non fosse così: le materie umanistiche tenevano saldamente la loro posizione con il risultato di formare in modo più completo noi studenti. Funzionava già il Consiglio di Istituto ed io, insieme ad altri, ebbi l'onore di rappresentare i lavoratori−studenti; in quella sede discutemmo i problemi della scuola, come, ad esempio, i rapporti con gli insegnanti, il recupero di studenti serali e diurni in difficoltà, attrezzature scolastiche mancanti, richieste di nuove apparecchiatura e di tutto ciò che poteva essere un bisogno o una necessità. Ancora moltissime altre cose si potrebbero raccontare tanto che io, a 54 anni suonati, ricomincerei da capo. Forse esagero, essendo fuori ormai da molto tempo, ma i figli di alcuni colleghi o di persone che ho conosciuto e, perché no, della figlia di mia nipote, mi hanno fornito testimonianza che il "Fermi" c'è ancora e, come si dice adesso, "alla grande".
Per concludere, vorrei salutare un pò tutti ed in particolare ricordare coloro che sono venuti a mancare: mi riferisco a Giovanni Bedogni (da noi chiamato "Faro luminoso dei Fermi"), a Luciano Camurri, grande conoscitore dei problemi sociali oltre che bravissimo e stimato insegnante, al prof. Amilcare Mattioli, meticoloso, preciso anche se più austero ed esigente e al prof. Giuseppe Bernardi che ho conosciuto come membro dei Consiglio di Istituto nella funzione di coordinatore dei corso serale per lavoratori−studenti.
La mia testimonianza finisce qui, certamente priva di molti ricordi, consapevole che tanti altri devono fornire la loro.