IN UNA SCUOLA COSÌ PIENA DI MASCHI

Adriana Panza
(studentessa, diplomata a.s. 1962/63)

Spesso i ricordi escono dalla "memoria di archivio" in modo frammentario e disorganizzato. Ho tentato di riordinarli raggruppandoli come risposte ad alcune domande, attraverso le quali ho cercato di ripercorrere gli avvenimenti di... tanti anni fa.

Perché scegliere il Fermi?
Era una scuola nuova. Offriva, a chi non voleva (o non poteva) seguire il percorso: liceo − università, la possibilità di specializzarsi in materie moderne che lasciavano sperare in promettenti occasioni di successiva occupazione.

Come è stato frequentare il Fermi?
Era, appunto, una scuola nuova. La sua caratteristica più saliente era il clima familiare che si instaurava fra studenti ed insegnanti, bidelli, segretari, Preside in testa. Anche se qualche professore, reso indifferente forse da troppi anni di professione, ci ricordava continuamente che noi eravamo "minus quam merdam" (e noi zitti a lasciarcelo dire perché il '68 era ancora lontano e la contestazione non era di moda), la maggior parte degli insegnanti era giovane e disponibile ad instaurare con noi un rapporto di confidenza e collaborazione.
Ci si conosceva praticamente tutti. Specialmente noi sei (oltre alla sottoscritta: Aimi, Bergamini, Leoni, Panini, Sernesi) che siamo state le prime ragazze della scuola, eravamo oggetto di molte attenzioni, anche se non sempre benevole. I nostri compagni ci accoglievano sempre al grido di: "Le donne. Arrivano le donne", ci lasciavano bigliettini "gentili" nei cassetti dell'officina di aggiustaggio. Ma agli atteggiamenti amichevoli si alternavano gli scherzi ed ogni occasione era buona per dichiararci cadute dal tetto, nello svolgimento del nostro dovere, ... nella notte fra il 5 e il 6 gennaio.
Di quei primi anni ricordo in particolare una notevole incertezza riguardo ai programmi didattici, sempre in via di definizione, che non ci permetteva di capire con chiarezza "cosa" saremmo diventati; le diverse sedi della scuola, sparse per la cittą che, in alcuni giorni, fra un'ora di lezione e l'altra, ci costringevano a lunghi spostamenti (= piacevoli passeggiate); le recite della filodrammatica "il ridotto", organizzata da Pultrini; le letture dalla Antologia di Spoon River nell'anniversario della Liberazione; le numerose gite di "istruzione" e di piacere; il rinfresco con dolcetti e spumante che l'amministrazione Provinciale offriva alle ragazze l'8 marzo. Ed anche un certo orgoglio di essere "del Fermi".

Perché scegliere Elettronica?
Per iscriversi a questa sezione era richiesto un buon profitto in matematica e fisica. Ed io, anche se non mi era proprio mai passato per la mente di mettermi ad armeggiare con circuiti, né elettrici, né elettronici, dal punto di vista teorico avevo una certa predisposizione per tali materie. Cosi, sommando l'incoraggiamento del professore di elettronica con il fatto che la chimica non mi sembrava altrettanto affascinante, è stato facile decidere.

Come è stato frequentare la sezione di Elettronica?
Solo quando mi sono diplomata ho saputo che ero stata la prima ragazza, non solo nella scuola, ma in Italia, a scegliere questa specializzazione e questo primato mi ha regalato "alcuni secondi" di notorietà, come sempre è successo ogni volta che una donna osava avventurarsi in un campo fino a quei momento di completo dominio maschile.
Degli anni precedenti ricordo la disperazione delle suore del collegio dove vivevo (perché il mio paese era troppo distante da Modena) che ad ogni piè sospinto mi chiedevano perché mai avessi scelto una scuola così piena di maschi (l'unico nome maschile pronunciabile era quello di Gesù ed era tollerato quello di Alfredo, il custode anziano e claudicante) e perché non avessi invece studiato Economia Domestica.
Molti professori mi chiamavano, dandomi del Lei, "la signorina"; i compagni mi trattavano con gentile indifferenza, ma pił gentili diventavano quando mi chiedevano in prestito gli appunti di elettronica, che io tenevo sempre aggiornati in bella copia; le ragazze delle classi inferiori venivano ad intervistarmi e a chiedermi consigli, per decidere se seguire o meno il mio esempio.
Cosa mi ha dato l'Elettronica?
Anche se le nozioni imparate a scuola (e diventate rapidamente obsolete) non mi sono praticamente mai servite, l'Elettronica è comunque entrata, più o meno direttamente, nelle mie occasioni e scelte di lavoro, è stata il "leit motiv" che mi ha sempre accompagnato. Appena diplomata, ho iniziato a lavorare come tecnica all'istituto di Anatomia Comparata dell'Università di Modena dove, per lungo tempo, mi sono occupata di microscopia "elettronica". Dopo diversi anni (ero già sposata ed era nata la prima figlia), ho ripreso gli studi, frequentando la Facoltà di Economia e Commercio. Per la preparazione della tesi di laurea, ho dovuto utilizzare l'elaboratore "elettronico" ed è stato "amore al primo byte". Mi sono trasferita al Centro di Calcolo dell'Università e lì ho iniziato ad occuparmi di automazione bibliotecaria, cosa che faccio tutt'oggi, come direttore del Centro istituito per gestire il sistema bibliotecario dell'Ateneo.
Ma l'influenza della formazione scolastica di quegli anni è ancora così evidente, che, nonostante il molto tempo passato e nonostante la laurea, mi piace continuare a presentarmi come: "Perito Elettronico del Fermi".