Speciale "Fermi"

Fatti e protagonisti

Buona la preparazione degli studenti che si iscrivono al corso di laurea in chimica

Intervista al prat. Rastelli

Il Prof. Rastelli è docente di ChimicaFisica all'Università di Modena, e genitore di uno studente del nostro Istituto; ha fatto parte di organismi collegiali di gestione delle scuole medie inferiori e superiori e di distretto. Si interessa di problemi di didattica delle scienze.

Un certo numero di nostri diplomati prosegue gli studi universitari frequentando il corso di laurea in chimica all'Università di Modena. Ha qualche osservazione da fare riguardo alla preparazione, all'impegno, al rendimento di questi giovani?
Premetto subito un giudizio molto positivo su questi studenti. Sono favoriti dagli studi precedenti, soprattutto nei primi laboratori e nell'introduzione alla chimica, e possono così dedicare più tempo ad altre discipline (ad es. alle matematiche e alla fisica) che richiedono loro un forte impegno.
Personalmente, ricevo questi studenti al terzo anno, quando la loro preparazione negli studi secondari è ormai mediata dall'esperienza del biennio universitario: a questo punto i ragazzi più brillanti risultano provenire indifferentemente dai licei e dall'Istituto Tecnico, raramente da altre scuole.
A parte una certa conoscenza della chimica, che evidentemente avvantaggia gli studenti negli studi della stessa disciplina, quali pensa siano le caratteristiche di una scuola secondaria che più possono favorire il successo degli studenti all'Università?
Credo siano le stesse che possono favorire i giovani in qualunque attività futura, di lavoro o di studio. AI primo metto senz'altro la credibilità dell'istituzione; e intendo l'esistenza di un progetto educativo esplicito, dichiarato e condiviso da utenti e operatori; la messa in atto di metodologie aggiornate e di verifica puntuali sia dello sviluppo del progetto sia del raggiungimento degli obiettivi finali. E su questa base che si può sollecitare l'impegno e lo sforzo dei docenti, degli studenti, degli organismi di gestione e, nel caso del Fermi, dell'Amministrazione Provinciale: la scuola deve fornire la garanzia che non si lavora e non si spende a vuoto, e che ogni operazione è programmata, coordinata e finalizzata ad obiettivi espliciti.
E Lei pensa che il Fermi abbia, almeno in parte, queste caratteristiche?
lo ho l'impressione, in parte confermata dell'esperienza di un figlio che frequenta il IV Corso per chimici, che il Fermi attraversi un periodo di −Gestione normale−, senza le forti spinte propositive che lo hanno caratterizzato in anni passati. Mi sembra scarsa l'attenzione, intendo attenzione collettiva non di singoli, al dibattito sulla scuola secondaria riformata, ai nuovi obbiettivi culturali che si sono affermati, alle nuove metodologie didattiche ormai altrove ampiamente verificate. Penso che al Fermi si lavori molto, ma che si produca meno di quello che sarebbe possibile tenuto conto del grande potenziale di tradizione, di attrezzatura e organizzazione, di competenza del corpo docente e di aspettativa dei giovani che vi accedono.

Una specie di appannamento dell'iniziativa e della tensione?
Si, una fase pericolosa per il ruolo che questa scuola ha avuto e potrebbe avere ancora. Ciò può provocare frammentazione ed episodicità dell'iniziativa: la qualità e l'incisività degli interventi educativi dipendono dai singoli docenti e studenti, o da piccoli gruppi; anche esperienze avanzate restano ghettizzate e perciò improduttive; le varie discipline non trovano una corretta collocazione in un piano generale, alcune perdono rilievo e diventano −poco importanti−: senza il contributo di queste altre discipline risultano meno efficaci. Questo stato genera sfiducia e limita l'iniziativa individuale compromettendo necessariamente la libertà di insegnamento.
Non è chiaro l'accenno alla libertà di insegnamento.
Provo a spiegarmi. lo intendo la libertà di insegnamento come il diritto di ogni insegnante di formulare collegialmente (non si tratta di un diritto da esercitare in privato) i piani di lavoro, il diritto di decidere, libero da imposizioni ideologiche, le modalità del suo intervento, il diritto di raggiungere gli obiettivi con il concorso dei colleghi e l'uso delle strutture più adeguate.
Come può, ad esempio, un professore di matematica esercitare tali diritti, stante anche il ristretto numero di ore a disposizione, se opera in assenza di progetto organico e nel disinteresse dei colleghi delle materie −professionalizzanti−? E come può, d'altra parte, avere successo un insegnante di chimica−fisica costretto al recupero di prerequisiti fondamentali di matematica e fisica indispensabili allo svolgimento del suo programma?
Esami di Maturità all'Istituto Fermi

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