Speciale "Fermi"

Fatti e protagonisti

La Voce di due studenti sul ruolo dell'Istituto

A proposito di riforme

Molto spesso chi scrive su giornali studenteschi, risolve il problema della scuola reclamando riforme e dicendo che a scuola le cose vanno male perchè i sistemi sono sbagliati. In un primo momento anche a me era venuta questa tentazione; fortunatamente, però, mi sono accorto che questo problema da noi non è quasi ancora nato. Una cosa è certa, tuttavia, che presto anche noi discuteremo, criticheremo i sistemi attuali di istruzione e quindi, già da ora, è bene mettere in chiaro il punto principale di tutta la questione, il punto tralasciato negli articoli sull'argomento.
Sarà certamente sbagliato il metodo, ma sono molto più sbagliati agli studenti (senza offesa per nessuno).
Correggere gli studenti ormai invecchiati sui banchi è quasi impossibile, ma cominciare ad educarli quando hanno, come noi, appena iniziata la vita scolastica, è compito assai più facile e fruttuoso. Quindi noi siamo in una posizione privilegiata: forse sta proprio a noi dell'Istituto Tecnico Industriale Provinciale cominciare la vera riforma: la riforma degli studenti.
Fare una riforma Integrale della scuola, oggigiorno, sarebbe come dare una "Ferrari" in mano ad uno che è sempre andato in bicicletta, sperando così di fargli raggiungere mete e velocità molto più alte. E evidente che la "Ferrari"finirebbe presto in un fosso, come è altrettanto evidente che gli studenti, per primi, non si saprebbero adattare ad una riforma della scuola. Perchè la massa studentesca non è cosciente dei propri doveri, perchè la massa studentesca non sa che le cose si cambiano soprattutto con un cosciente impegno personale.
Oggi lo studente normale è un essere eminentemente vegetativo, è un essere che, dopo il problema del "sei" a scuola, vede il problema del cinema, della festa danzante o di altre cose del genere e ignora completamente che, con la propria buona volontà potrebbe rimediare a molte cose. Nessuno, o quasi, fa più di quel minimo indispensabile per tirare avanti.
"Chi me lo fa fare" sembra sia la domanda di moda.
Il sei con un pò di furbizia, bene o male, lo si piglia egualmente. Non credo di essere molto esagerato con queste mie affermazioni: con un po' più di sincerità tutti dovremmo ammettere che, in grado maggiore o minore, a scuola si "tira a campare". E per questo dico che non si possono pretendere dei sistemi intelligenti per delle persone che non hanno ancora raggiunto una maturità sociale ben che minima, per delle persone che vedono solo i propri diritti, cercano solo il proprio tornaconto e non sentono minimamente i loro "doveri" verso la società stessa.

Giorgio Bettelli

Scuola e società

La nostra scuola conta armai un anno di vita. Sorta per far fronte alle precarie condizioni di edilizia scolastica in cui versava il nostro comune, si è via via andata sviluppando in una dei più moderni istituti superiori che la nostra Provincia, e direi, l'Italia, annoveri.
L'atto compiuto dall'Amministrazione Provinciale in quel cruciale momento, dimostra, senza dubbio, la sua nobile e democratica funzione, veramente costituzionale.
L'Amministrazione Provinciale ha aiutato un Governo che si è dimostrato finora insensibile a quei problemi scolastici che dovrebbero essere di sua principale competenza.
"L'istruzione" è a carico della Stato, dice anzitutto la Costituzione, ma, in pratica, non è così.
La Stato non è intervenuto né allora né oggi che si sona ripetute le stesse difficoltà Infatti, pochi giorni fa, la Segreteria della scuola "Corni" ha annunciato l'esclusione dal proprio Istituto di ben 118 alunni per insufficienza di posti.
E addirittura paradossale che questo succeda in Italia dove, come si sa, andare a scuola è ancora un lusso. Un lusso che non tutti si possano permettere. Si guardi, a questa proposito, il nostro Appennino. In quelle zone la famiglia ha bisogno del figlio ancor prima che cresca e vada a scuola. Tant'è vero che nel '56 circa il 30% di giovani non ha finito il corso elementare. Diverse ma ancora difficili, sono le possibilità di frequenza da parte dei giovani della pianura.
Ma su questi problemi è bene consultare le statistiche che sono apparse su "La stampa" e riguardano il 1955−56.
Su circa 39 mila scuole elementari, 8 mila sono senza corso completo, 3813 senza la classe quinta, 4414 senza la quarta e la quinta Inoltre mancano complessivamente 69mila aule, circa il 41,9% del fabbisogno. Di 985 mila alunni del 1951 solo 649 mila sono giunti alla quinta elementare. Quindi ben 336 mila si sono persi durante il quinquennio. Nel 1951 avevamo cinque milioni di analfabeti, essi aumentano di circa 30 mila unità annue. Per comprendere meglio la insufficienza del nostro apparato scolastico, ritengo opportuno aggiungere a queste cifre una visione generale e schematica sul grado di qualificazione professionale delle nostre forze produttive. Il 97% degli iscritti alle liste di collocamento mancano di preparazione professionale. Su circa 530 mila giovani in attesa di un lavoro (disoccupati N.D.R.) il 65% non sono qualificati. Oggi il Governo parla di intervenire con misure drastiche: ce lo auguriamo. Se si approverà un piano per fondi di edilizia scolastica è bene che anche nel contempo si modifichino secondo lo spirito costituzionale e gli attuali sviluppi della scienza e della tecnica, gli ammuffiti programmi.
Noi dobbiamo conoscere queste cose. O riuscirà più facile comprendere la realtà in cui viviamo e riusciremo a capire meglio noi stessi, perchè se siamo così indifferenti, avviliti e sfiduciati insieme non è poi colpa nostra, ma bensì una mentalità che scaturisce delle precarie condizioni economiche e sociali in cui versa l'Italia. Spiegare da parte nostra il perchè e il come si è venuta a determinare una simile ed annosa situazione può sembrare presuntuoso. In questa articolo, in modo schematico, noi abbiamo voluto dire che la scuola e la società esigano da parte degli organi competenti una radicale riforma e abbiamo indicato a nostro parere alcuni punti base di partenza. Essendo però cose molto complesse, si può facilmente non essere capiti. Orbene, una scuola moderna quale il nastro istituto vuole essere, non può non sviluppare e rendere cosciente il giovane di tali importantissimi problemi, che mai come aggi dilaniano la nostra società e ne impediscono il suo sviluppo. Se la nostra società vuole essere veramente diversa dall'attuale, deve fare in moda che le acute contraddizioni di questa siano superate.
Pertanto, noi proponiamo al sig. Preside e al corpo docente, varie conferenze da farsi su tali questioni. Saranno iniziative che conferiranno valore e stimolo ad una più ampia ed organica collaborazione fra studenti e professori nel nostro Istituto. Una collaborazione che già ci è parsa di notare; intendiamo riferirci al vivo interesse che la scuola ha dimostrato in varie iniziative svolte l'anno scorso di cui noi, non sempre ci mostrammo degni.

M. Raimondi